sabato 14 dicembre 2013

Il cubo di Rubik

Mi sveglio intorno alle 6, un po' più tardi rispetto alle ultime mattine quando il sonno se ne andava verso le 4.30. Mi dico che è già qualcosa ma appena passa questo pensiero, quattro parole mi si materializzano in testa: il cubo di Rubik.
Già... La mia vita negli ultimi anni è stata come le facce di questo cubo; tutte colorate e mescolate. Ho passato tanto di quel tempo a cercare di sistemarle, di girarle e rigirarle per trovare tutti i colori esatti sulla stessa faccia che non ho avuto tempo e modo di pensare a me stesso e a quello che avrebbe voluto dire diventare padre... Diventare famiglia.
Giovedì Viktor in casa correva ridendo come fa tutte le sere e io lo rincorrevo e lui rideva ancor di più. Quando corriamo insieme mi sembra di essere su un altro pianeta, in un altro mondo. È troppo divertente sentirlo ridere in quella maniera perché ha una risata contagiosa.
Ad un certo punto è inciampato e cadendo ha picchiato la testa contro la gamba del tavolo. Ha iniziato a piangere. Per la prima volta in due mesi e mezzo ho visto le sue lacrime. Mi sono catapultato su di lui e l'ho stretto a me. Lo riempivo di baci mentre con l'acqua fredda gli tamponavo la piccola botta che stava venendo fuori. Dopo poco mi guarda, smette di piangere e dice "bata pasato". Per circa 20 minuti siamo stati io e lui, abbracciati mentre lui tranquillo si faceva coccolare in braccio.
Ieri era il secondo giorno che non andava di corpo. A malincuore ho accettato che la mamma gli mettesse la supposta. Forse perché io ho il terrore delle supposte ero molto contrario alla cosa. Invece a lui niente, nessun problema, anzi ne voleva mettere altre dopo la prima. Ad un certo punto però si è messo a piangere, sono corso in bagno per farlo sedere mentre Silvia cercava di calmarlo. Mentre era seduto lo accarezzavo, ma lui mi allontanava e questo mi ha troppo mortificato. Poi ha iniziato a dire "giù" (voleva infatti essere lasciato libero di camminare). Così abbiamo fatto e lui ha smesso di piangere e naturalmente la supposta ha fatto immediatamente effetto.
Mi scervello ogni giorno per cercare di capire come comportarmi con lui, ma alla fine la cosa più semplice è assecondarlo nel limite del possibile. 
Come con il cubo di Rubik, prima o poi tutte le facce prendono il colore giusto. Le giro e rigiro, sbaglio e magari mi incavolo e perdo la pazienza, ma alla fine assecondando il movimento del colore arriverò alla soluzione.
Siamo solo all'inizio. Capiterà ancora che mi vorrà vicino e che mi allontanerà e magari non ne capirò il motivo; ma ci vuole solo calma e pazienza, cercando di capire come gira il colore...

lunedì 2 dicembre 2013

La tua mamma

Ciao piccolo Viktor,
sono più di due mesi che sei qui con noi, nella tua nuova casa, nella tua nuova famiglia, a vivere la tua nuova vita.
Non ho avuto il tempo di piangere per la gioia di averti finalmente qui con noi, perché nonostante i 5 anni di attesa pieni di angoscia e dolore, è successo tutto troppo in fretta. Stava per iniziare l'estate quando ci siamo conosciuti per la prima volta e ci siamo presi per mano lungo quella strada che ci avrebbe portato ad essere mamma e figlio; era appena iniziato l'autunno quando abbiamo varcato la soglia di quella vita che tanto desideravo e sicuramente desideravi anche tu.
Non c'è stato il tempo per le emozioni, solo un turbinio di preparativi per poterti finalmente accogliere.
Dopo il tuo arrivo, ho cercato, insieme al papà, di costruire per te quello che fino ad allora non avevi mai avuto, un affetto tale da sentirti amato e coccolato, ma sempre con la paura di sbagliare, di non sapere se anche il piccolo rimprovero ad una marachella fosse giusto e con il magone dopo avertelo fatto....
Ora, quando sembra che il legame tra di noi stia diventando sempre più forte, sono pronta ad urlare al mondo che non potevo desiderare di meglio, che sei un bambino meraviglioso, sempre sorridente e allegro.
È arrivato il tempi di piangere per la felicità di averti incontrato.
Ti voglio tanto bene piccolo mio, ti adoro!!!!

La tua mamma

venerdì 22 novembre 2013

21 novembre 2013


Il 21 novembre è arrivato e ha portato il primo vero freddo e tu sono due mesi che sei con noi. 
Non ho avuto nemmeno il tempo di accorgermi che le foglie hanno cambiato colore e in alcune zone i colori autunnali hanno lasciato spazio al bianco della neve, e tu in questi due mesi sei cambiato tantissimo. 
Sei tornato bambino, hai iniziato a ripetere le nostre parole, a parlare, a imitare i nostri movimenti; hai iniziato a voler essere imboccato per poi tornare a mangiare da solo; a stare seduto nel tuo seggiolino per poi chiedere di essere preso in braccio dalla mamma e mangiare in braccio a lei; a fare per la prima volta la pipì per terra e non più nel pannolino, per poi iniziare da ieri a farla nel bidet. Arriverà il momento in cui la farai anche nel water come arriveranno i giorni delle prime domande. 
E' arrivato il momento in cui batti la mano sul petto e dici "Ittor" e non più Ita.
E tanto ancora dovrà succedere.
E come non mi sono accorto dei cambiamenti climatici e del tempo che è passato, così molte altre cose che ti riguardano non le ho nemmeno viste o osservate. Troppo preso a rincorrere una perfezione che non esiste. A cercare di fare il papà doc, quello che vuole avere in mano la situazione. Quello che pretende che tu sia bravo quando c'è gente, che non faccia capricci, che non sia più un bimbo di 2 anni e 7 mesi ma un adulto.
Quante paure legate a quello che sarà il futuro. A quando andrai a scuola, a quando diventerai adolescente e poi uomo... e non mi godo nulla di quello che ho adesso tra le mani. Tu, figlio mio che hai solo bisogno di un sorriso, di un abbraccio, di avere uno sguardo che sia tutto per te, di avere un po' di attenzione per chi sei adesso e non per chi sarai domani.
E' arrivato il momento di smetterla di farsi domande, di tornare a rendersi conto che il tempo passa e di non vivere più nel pensiero del domani o nella paura del passato. Quello che conta è oggi. Solo come viviamo oggi ci aiuterà ad andare sempre più avanti domani.
E' arrivato il momento di fermarsi un po' per tornare a rendersi conto che il tempo passa che l'inverno che sta arrivando è l'inizio della fine di un altro anno. I nostri giorni nessuno mai me li ridarà. Non bastano foto che nemmeno ci sono, o ricordi che a volte sbiadiscono. Serve solo vivere oggi consapevole di quello che non avevo ieri e di quello che ora ho.
Buon nostro meseversario piccolo "Ittor"

giovedì 17 ottobre 2013

C'era una volta...

C’era una volta, in un paese molto lontano da qui, con tanti prati verdi in estate e immense distese bianche in inverno, una casetta che si distingueva dalle altre per il suo colore giallo acceso.
Non era grandissima, ma era accogliente e pulita. Era la casa del bambino.
In questa casetta vivevano tanti bambini che non avevano persone che potevano prendersi cura di loro. Tra questi bambini c’era Viktor, che tutti chiamavano Vittia, un dolcissimo bambino di poco più di 2 anni dagli occhi di cerbiatto e dai capelli color nocciola.
I bimbi sembravano sereni e le giornate fino ad allora erano trascorse tra giochi e giretti nel giardino, anche per il piccolo Vittia.
Vittia era un bambino molto allegro, ma soprattutto molto curioso; ogni volta infatti che usciva nel giardino della casa del bambino, guardava al di la delle siepi e fissava in continuazione strane scatole muoversi che gli ricordavano i suoi giochi, ma molto più grandi.
Ascoltava i rumori a lui sconosciuti e vedeva volare gli uccellini, che ogni tanto si posavano nel giardino dove lui e gli altri bimbi giocavano.
Un giorno, mentre era nella stanza dei giochi insieme ai suoi amichetti si trovò di fronte due persone che non aveva mai visto prima. Due persone che non riusciva nemmeno a capire cosa gli dicessero, talmente grandi da arrivargli poco sopra la coscia. Li squadrò dal basso all’alto con fare interrogativo domandandosi chissà cosa, e faceva attenzione a tutti i gesti che quelle due persone facevano. Insieme si sedettero sul tappeto che c’era nella stanza e Viktor come se nulla fosse inziò a giocare con loro. Passarono così le ore e tra i tre iniziò a nascere una certa intesa.
Ad un certo punto i signori dovettero andare via e Vittia tornò alla sua solita vita, ma qualcosa in lui doveva essere successo perchè dalla sua bocca per qualche tempo continuarono ad uscire due parole: “mama” e “papa”.
Qualche tempo dopo, mentre era nel giardino ecco ritrovarsi difronte ancora quelle due persone. Faticò inizialmente a ricordarle ma poi, improvvisamente si mise a giocare con loro, nuovamente, come allora.
Passarono le ore e purtroppo i tre si dovettero salutare ancora una volta, ma i due signori, lasciarono Viktor con la promessa che la volta successiva sarebbero stati insieme per molto più tempo. Vittia mentre li salutava, li abbracciò e disse alle due persone: “mama” e “papa”.
Trascorsero così pochi giorni e come da promessa i signori tornarono da Viktor. Avevano con se dei vestiti che Viktor osservò e indossò immediatamente. Si lascio vestire e si fece prendere in braccio come se nulla fosse, come se fossero insieme da sempre come se si conoscessero da una vita.
Uscirono tutti e tre insieme dalla casa del bambino. Viktor si trovò di fronte una grossa scatola nera simile a quelle che vedeva muoversi, ma non si spaventò e in braccio alla signora che lui chiamava mama, salì.
La scatola iniziò a muoversi e lui spaventato ma nello stesso tempo incuriosito si guardava intorno e con il suo piccolo dito indicava cosa di nuovo vedeva.
Trascorsero tre giorni e tre notti insieme. Viktor ogni giorno che passava si vedeva intorno queste due persone e il “mama” e “papa” che diceva ogni tanto, diventava sempre più frequente.
Un giorno si ritrovò di fronte un enorme uccello grigio. Sembrava quelli che lui aveva visto zampettare nel giardino della casa del bambino, ma era molto più grande e la cosa che di certo l’aveva incuriosito è che ci salivano sopra tantissime persone. Vittia, come da suo solito quando vedeva qualcosa di nuovo, era diventato un punto interrogativo con due braccine e due gambine, ma nosostante la curiosità, la stanchezza prese il sopravvento e si addormentò.
Da quel giorno per Vittia inizò una nuova vita. Si ritrovò in una casa diversa da quella dove aveva vissuto per due anni e mezzo; c’era una stanza tutta per lui con le pareti verdi e i mobili bianchi. C’era l’arancione, il marrone e il color pesco intorno a lui.
Mama diventò “mamma” e papa si trasformò in “dadà” alternato a “papà”.
Viktor in breve tempo capì di essere arrivato nella sua nuova casa e capì che da quel giorno avrebbe avuto la sua mamma e il suo dadà.

domenica 29 settembre 2013

La prima settimana...


È passata la prima settimana. Sei davvero a casa con noi. È più di due settimane che viviamo insieme e la cosa che continuo a notare, la grande differenza che c'è tra me e te, è la tua naturalezza ad essere figlio e le mie difficoltà ad essere padre. Non so cosa ancora mi impedisca di lasciarmi andare. Forse ho ancora paura che ti possano portare via da me, o che quanto stiamo vivendo non sia vero. Non lo capisco.
Mi sveglio la notte dopo una serie di incubi. Continuo a fare gli stessi sogni: mi alzo e nel lettino non ci sei, corri e non riesco a raggiungerti. Così mi sveglio e allungo l'orecchia per sentire il tuo respiro nell'altra stanza, ma a volte sei così sereno che nemmeno lo sento e quindi mi alzo e vengo a vedere se davvero sei li, nella tua cameretta, nel tuo letto.
Sei entrato nella nostra vita come un ciclone. Eri calmo e pacato e ti sei improvvisamente trasformato. 
Piangi quano non vedi la mamma anche se va per un minuto in bagno e quando il papà o i nonni escono dalla porta di casa. Quante urla ieri sera quando hai dovuto salutare zia Sabri e zio Massimo perché dovevi andare a nanna. Noi non andiamo via. Nessuno andra mai via. Noi saremo con te, sempre. Ci vorrà ancora un po' di tempo perché tu lo capisca e anche quando lo capirai, il tempo non sarà ancora sufficiente per fartelo capire. Ma certamente tutto andrà bene. Sei un piccolo uomo che deve ritornare bambino e io un grande bambino che deve essere uomo.
Grazie Viktor e grazie Silvia per quello che mi insegnate.

martedì 20 agosto 2013

20/8/2013


Una strana calma e una strana armonia, che tutto prende e che tutto porta via...
Una città semi deserta, un silenzio quasi innaturale, diverso in ogni caso da quello che un bosco mi può regalare...
Solo i battiti dei nostri cuori, così lontani ma sempre più vicini...
Mi guardo allo specchio e mi dico che presto sarò padre. Al momento, mi spaventa di più il pensare di esserlo che esserlo realmente. 
Su questa barca sono arrivato fino in cima al mio monte. Ormai vedo il camino del nostro rifugio fumare... A breve il tetto e via via tutta la casa. Dentro il caldo della stufa, del letto con la sua coperta, la pentola sul fuoco... Profumo di casa. E dopo il riposo, via che tutti e tre inizieremo la nostra discesa, ricca di difficoltà e incognite, ma ci terremo per mano e questa sarà la cosa importante.

martedì 9 luglio 2013

Le sorprese

Giovedì 11 saranno tre settimane dal rientro del nostro viaggio...
Ancora oggi a ripensare a quei momenti, ho i brividi. A sentire la sua voce. Il suo "mama" e "papa".
Il calore del suo abbraccio, il calore della sua testa sulla mia spalla. Il suo sorriso, il suo sguardo... La sua necessità di tenerci per mano e di cercarci con lo sguardo quando ci allontanavamo un attimo.
Troppe emozioni che difficilmente possono essere "accantonate". Tutti i giorni mi guardo allo specchio, cercando di non sentirmi troppo in colpa per essere dovuto partire. Silvia dice che V. non è ancora arrivato e sono già diventato apprensivo.
Poi corro a vedere lui. Sulle foto sul telefono, sul computer, stampate e messe nelle cornici in casa.
Mi ero ripromesso che non l'avrei più fatto. Ma come si fa a far finta di niente? E' impossibile.
Passano i giorni... Ogni mattina mi sveglio chiedendomi se oggi succederà qualcosa. E' presto lo so... Ma il presto in questo percorso è sempre tardi.
Seguo la routine giornaliera consapevole che sia l'unica cosa che mi permetterà di tornare presto da lui. Dal nostro piccolo V. Da quel bimbo che ci ha rapito in un attimo il cuore.
E poi quando la giornata sembra volgere sugli standard quotidiani ecco un avvenimento che cambia le "regole del gioco".
Un qualcosa che mai avrei potuto immaginare e che mi fa capire, che ogni giorno questo percorso può semplicemente regalare emozioni. A volte belle, a volte brutte, ma sempre che lasciano un segno indelebile.
E quindi avanti tutta. Sempre e comunque con la speranza che domani arrivi una nuova sorpresa...

venerdì 7 giugno 2013

Ce la faremo questa volta!

Ieri abbiamo gioito per la terza volta. E' arrivato l'abbinamento a V.
Un bellissimo bambino di 2 anni e 2 mesi.
2 anni e 2 mesi come ai tempi aveva il piccolo R. Una parentesi di due anni chiamata Kyrgyzstan e N. 
Oggi si riparte come se nulla fosse mai successo. Una "maledizione" che ci lasciamo alle spalle e che finalmente penso possa dare nuova energia e speranza a tutte le coppie che come noi hanno subito la stessa sorte...
Prima che per noi, ho gioito per lui, ed è la prima volta che mi accade dopo tutto questo tempo. 
Forse sono davvero arrivato a capire cosa voglia dire adottare e avere un figlio.
V., arriviamo. Aspettaci.

venerdì 31 maggio 2013

Sono stanco...


Sono stanco e amareggiato. Vorrei addormentarmi e risvegliarmi bambino in un mondo popolato da bambini dove la semplicità e l'ingenuità mi farebbero vivere sicuramente meglio.
Sono stanco degli abusi di potere. 
Sono stanco di gente che con una semplice parola è in grado di distruggere il sogno di una vita. 
Sono stanco di chi pensa di avere il diritto di rovinare la mia vita.
Ho voglia di mio figlio o dei miei figli.
Ho voglia di tenerli per mano. Di sollevarli al cielo, di vederli dormire, di accarezzarli.
Ho voglia di fare il papà...

martedì 30 aprile 2013

ti chiedo scusa

Ti chiedo scusa o vi chiedo scusa se per un istante, ancora, ho pensato di mollare tutto. Di abbandonarvi di nuovo.
Ho molto da imparare da voi e ogni giorno che passa me ne rendo conto.
Forse, è facile dire che posso capire cosa voglia dire essere arrabbiati perchè abbandonati. Il difficile è accettarlo e trovare una soluzione per questo stato d'animo.
E' difficile per me stesso ora. Sarà difficile domani con te o con voi.
Non so ancora se avrò la fortuna di abbracciarvi o abbracciati perchè come sempre quando le cose sembrano semplici, tac che arrivano gli intoppi... E' passato un mese da quando abbiamo fatto la domanda al tribunale di Milano per l'estensione al decreto. Venerdì 3/5 finalmente la asl ci incontrerà. Perchè? Questo prevede l'iter... 
Quanti incontri? Mi auguro uno soltanto... 
Poi? Relazione e poi il tutto di nuovo al tribunale che dovrà prendere una decisione...
Perchè? Questo prevede l'iter...
D'altronde dopo due lutti dobbiamo dimostrare, ancora, che il bisogno che sentiamo di avere due figli, sia vero autentico e sentito... Spiegare, ancora, perchè abbiamo raggiunto questa decisione. Ma si sa, ciò che conta è il bene del bambino, la necessità del bambino, il bisogno del bambino; e non delle coppie.
Ma più passa il tempo e più mi sembra che sia voi che noi, siamo considerati niente. O meglio, voi niente; io meno di niente.
Quanta burocrazia, quanti "perchè così prevede l'iter". Quanto tempo sprecato.
E intanto intorno a me tutto corre. Il tempo passa... Le frasi che si leggono sono sempre le stesse. Alla fine in tutto questo prevale sempre e solo la voglia di aver ragione. Di voler dimostrare qualcosa a qualcuno. 
Ma quello che conta alla fine è che tu o voi siete ancora la... Io sono qua a distanza di non so quanti km con la voglia che ho di potervi stringere una volta... Per sempre...
Ho rivisto i giorni scorsi le foto del vostro "fratellino", di quando con lui mi muovevo con la paura di romperlo per quanto fragile sembrava essere e che mai più credo potrò stringere a me. E' facile dirmi che devo imparare a staccarmi da lui... E' sempre tutto facile da dire. Oggi, forse, ci sto riuscendo a "staccarmi" dal piccolo N. e ho un vuoto dentro che nemmeno riesco a spiegare a me stesso. Come fare a spiegare a qualcuno cosa provo?
E intorno c'è solo tanta confusione. Nessuno sa dare una risposta, semplice, chiara, precisa... Tempo!
Ci vuole sempre e solo tempo. E intanto la vita mi prende e mi sposta prima di qui e poi di la. Come un soprammobile che da più o meno fastidio. Ogni tanto vengo spolverato e se cado e mi rompo, chi se ne frega... Un po' di colla e tutto si aggiusta, perchè tanto come un soprammobile non ho sentimenti, sono freddo, sono bello, forse, da vedere. Valgo tanto perchè faccio arredo ma alla fine prima di me o di voi c'è sempre qualcosa di più importante a cui dare la priorità.
Ora il nostro ente ha ripreso a lavorare... Per quanto? Non lo sappiamo. Speriamo di non subire nuovi intoppi e prima o poi spero di poterti o potervi finalmente chiamare: figli miei!

martedì 9 aprile 2013

Continuare o mollare?

Quante volte in questi ultimi due mesi io e mia moglie ci siamo posti, tra le mille, anche questa domanda: mollare o continuare a lottare?
Quanti dubbi e quante paure ci hanno fatto compagnia la notte... Il giorno...?!
Quante domande che non hanno risposta, e mai l'avranno?!
Quanti se e quanti ma, che ora posso semplicemente usare come carta igienica?!
Quanta incredulità da parte di chi sta "fuori" o "dentro" e quanto stupore anche alle nostre orecchie raccontando la nostra storia a chi ce la chiede?!
Quanti occhi lucidi e quante lacrime versate da noi e da chi come noi si ritrova a combattere contro non è ben chiaro ancora cosa?!
Quante lacrime da chi è già genitore adottivo, e non, che si rende conto che alla fine altri bambini ritarderanno il loro ingresso in una famiglia?!
Quanti figli aspetteranno di incontrare i fratellini o le sorelline, e quante famiglie si sono viste private improvvisamente di un appoggio psicologico magari in un momento di reale bisogno?!
Quante coppie riusciranno a completare il loro iter?!
Ma tutte queste domande che una persona si fa, sono logica conseguenza di un'azione presa e portata avanti e considerata la soluzione ad ogni problema...
Ma ogni azione ha una conseguenza e spesso alle conseguenze è più facile non pensarci. Tanto per le conseguenze c'è sempre tempo.
Il tempo cura tutto...
Il tempo ti farà dimenticare...
Solo il tempo dirà se sia giusto o sbagliato...
Per alcuni il tempo non esiste più. Per altri forse si...
La chiusura del mio ente ha avuto parecchie ripercussioni a livello mentale e pratico su parecchie coppie che già stanno subendo un crollo emotivo e psicologico non indifferente. Tra queste, anche coppie (tra cui noi) che avevano abbracciato dei bambini... Coppie che erano certe che quei bambini ormai fossero loro... Coppie pronte a ritornare in un paese ostile a tutto tranne al dio denaro. Un paese che non ha avuto mai il coraggio di cambiare e che ancora oggi nonostante centinaia di bambini restano imprigionati in un istituto, sta inventando un nuovo regolamento che mai verrà approvato e se invece succederà, sarà il classico specchietto per le allodole.
In tutta questa situazione chi ci sta rimettendo? Di chi è la colpa?
Ognuno ormai si da le risposte che meglio crede. Qualcuno ha già deciso chi farà la parte del boia e chi dell'impiccato. Qualcuno sarà nella piazza a godere per una testa tagliata.
Qualcun altro avrà il coraggio di coprire gli occhi di suo figlio per evitargli di vedere questo spettacolo e per evitargli anche un ulteriore pensiero o paura: quella di sentirsi sporco e di pensare che anche per causa sua tutto questo sta succedendo.
Perchè anche questo, come dice qualcuno, è il fantastico mondo dell'adozione internazionale.
Ma alla fine tutto ciò non fa clamore; se ne parla due giorni, quando è uscita la notizia raccontata o fatta scrivere come meglio si crede. Si cerca di dire la propria perchè le verità alla fine hanno sempre due facce, ma quando la notizia dice tutt'altro allora non fa scoop, quindi è meglio lasciarla nel cassetto o cestinarla; e così la gente continua a parlare anche a nome tuo. Si fa paladino di una giustizia che ha deciso di farsi a nome del popolo adottivo italiano e straniero.
Io e mia moglie oggi ci sentiamo abbandonati da tutto e da tutti. Messi in un angolino in attesa degli eventi. E siamo arrabbiati. Molto arrabbiati.
Ma alla fine, ecco in tutto questo che ci sta succedendo, la forza per trovare il lato positivo. Chi mi conosce mi avrà già sentito dire questa frase: "da tutto questo ho capito cosa vuol dire essere arrabbiati perchè abbandonati". E mi viene da sorridere perchè domani dovrò saper gestire questa rabbia da parte dei miei figli. Quindi si, nonostante rischiamo di dover cambiare ente per la terza volta, nonostante a luglio 2012 fossimo al 95% del nostro cammino e oggi ci ritroviamo a iniziare daccapo per la terza volta, nonostante la rabbia, la stanchezza, noi continuiamo; per i bambini, per la loro necessità di vivere in una famiglia e per il nostro desiderio che ci vuole vedere genitori.
E domani quando i nostri figli ci regaleranno il loro "fagotto", noi li potremo guardare, ringraziarli e regalargli il nostro cammino. Quello che abbiamo dovuto intraprendere per arrivare a loro... Perchè loro saranno i figli che noi abbiamo voluto.

giovedì 14 febbraio 2013

E quindi...

Si riparte con una strana carica in corpo.
Silvia mi dice che sono un po' pazzo. Forse ha ragione. Mi sento sempre positivo e sempre euforico.
Mi sembra di essere ritornato a due anni fa quando partivo con i documenti per la prima volta. Questa euforia, mista ansia, tensione, paura. Ma l'euforia per qualcosa di nuovo; verso quella strada che mi avrebbe portato da mio figlio.
E nonostante tutto, oggi sono ancora qui, più carico che mai. Devo cercare di bilanciare i momenti di entusiasmo con i momenti di panico tipo quello avuto ieri mattina che mi ha visto in un attimo sprofondare nel nero più nero. Oggi vedo azzurro, o meglio blu, come quel cielo stampato sulla foto del mio calendario.
Sono qui a preparare i documenti che speravo avrei dovuto preparare per il fratellino o la sorellina di N., con le "ansie" e le paure di sbagliare qualche cosa (ed è già capitato), ma poco importa. Alla fine io ho una convinzione dentro che è meglio non trascrivere perchè allora si che leggendola, potrei convincermi di essere pazzo davvero.
Avanti a testa bassa. Tempo per pensare non ce n'è. Da qualche parte mio figlio o mia figlia o illa pupinona mi aspetta. Illa pupinona, solo a scriverlo mi vengono i brividi.
Come direbbe qualcuno: "don't stop me now!"

venerdì 8 febbraio 2013

"Eh i soldi?"

Questa è la domanda ricorrente di queste ultime ore...
Come il 18-19-20 febbraio del 2012, l'8-9-... febbraio 2013 continua con questa domanda: "Eh i soldi?".
Fa niente se io e Silvia siamo al secondo aborto, fa niente se stiamo ripartendo per la terza volta, fa niente se tutto sommato ci sentiamo degli stracci, fa niente se pensiamo in fondo in fondo di aver anche un po' fallito... No; la cosa più importante sono sempre gli stramaledetti soldi. Perchè recuperare 6500 euro mi ridaranno mio figlio?
Questi dannati soldi, sono la causa di questa situazione eppure sembra che la vita di mio figlio valga 10.000, 50.000, 100.000 e rotti euro.
Niente mi ridarà indietro il sorriso di quel bambino o le sue vomitate sui vestiti o i suoi occhi. NIENTE!
Forse bisognerebbe che prima di parlare, le persone imparassero a capire che nella vita c'è qualcosa di più importante del denaro.
Mah... Alla fine forse il pazzo sono io che crede ancora nell'umanità delle persone.

giovedì 7 febbraio 2013

E' finita

E quindi eccoci giunti alla fine di questa storia. Di questo percorso, di questa pagina di vita.
Con emozioni contrastanti che da un lato mi lasciano un po' inebetito e dall'altro forse, stranamente, sollevato.
Appena sono stato contattato ho quasi tirato un sospiro di solievo. Mi sentivo leggero, finalmente "libero" da quel grosso punto interrogativo che da maggio del 2011 mi portavo dietro...
E ora che lo bomba è scoppiata, sono senza pensieri, senza sentimenti, apparentemente tranquillo ma anche abbastanza frastornato.
Prendiamo atto dell'unica cosa che ci è stata detta, anche se so perfettamente che è stato un "contentino", per chiudere questa vicenda, ricca di molti punti interrogativi ai quali lo stesso paese ha deciso di rispondere chiudendo alle adozioni.
E alla fine che mi resta tra le mani? Aria... Semplicemente aria. Un soffio d'aria che per alcuni istanti è stato il respiro di mio figlio e che ora vola via rilasciato da quei pugni che per giorni e giorni si sono sforzati di stringerlo a me.
Si riparte, per la terza volta; la quarta se consideriamo le parole di qualcuno di ormai 4 anni fa...
Ma come allora, come l'anno scorso e come oggi, mi possono piegare ma non spezzare.
Avanti, il motore è sempre caldo, prima o poi ce la faremo, perchè non so ancora quanta strada dovrò percorrere prima di arrivare da lui/lei, ma so che prima o poi ci incontreremo...

Buon viaggio piccolo N. nella tua nuova famiglia, se così è...

mercoledì 6 febbraio 2013

Emozioni


Ieri sera per la decima volta da quando è stato trasmesso, ho rivisto il film “notte prima degli esami”.
Nonostante conosca a memoria quasi ogni scena, mi sono messo a ridere ancora davanti alla tv.
Da quanto tempo è che non rido? 
Penso di aver disimparato ad emozionarmi. Non so più cosa voglia dire ridere, piangere, arrabbiarsi, gioire; non capisco più quando è arrivato il momento di fare una cosa piuttosto che l'altra. A volte mi trovo a ridere per non piangere, oppure ad arrabbiarmi, perchè non so cosa altro fare; a stare in silenzio perchè a dire qualcosa non servirebbe a niente, o a dire troppo facendo un gran baccano tanto per non sentirmi vuoto dentro.
Ogni giorno provo a fare un mix di tutto ciò, ma alla fine mi rendo conto che ne viene fuori solo un “big bang” che non mi da nessuna soddisfazione.
Quante volte in questi giorni ho provato a piangere, a sforzarmi per lo meno di farlo, per buttare fuori almeno tutta l'ansia che tengo dentro per un bimbo che giorno dopo giorno vedo sempre più lontano.
Quante volte ho provato a ridere o per lo meno sorridere per la speranza che ogni sorriso lo possa riavvicinare a me.
Ho provato ad arrabbiarmi verso qualcosa o qualcuno ma alla fine cosa ne esce? Niente.
Sono senza sentimenti. Mi sento amorfo, in stand by e invece vorrei per lo meno tornare a provare delle emozioni vere. Vorrei stupirmi nuovamente di fronte a qualcosa. Vorrei guardarmi allo specchio e vedere i lineamenti di occhi e bocca "sorridere" e non essere costantemente tirati verso il basso. Vorrei ridere per una battuta, piangere per un dolore, arrabbiarmi perchè è giusto arrabbiarmi.
Giorni fa, una coppia che conosco ha trovato la forza di cambiare paese, di ripartire d’accapo. Due anni di attesa circa e poi vedranno il loro sogno realizzarsi. Mi hanno lasciato senza parole quando lui mi ha detto: “saranno due anni di “vacanza” in cui ogni giorno potremo vivere la nostra vita senza aver l’incubo che ogni giorno arrivi una mail da quel paese che rimescola tutte le carte in tavola. Due anni senza ansia”. 
Mi viene solo da dirgli grazie per queste parole. Loro hanno ritrovato nonostante un percorso difficile quanto il nostro, la voglia di tornare ad emozionarsi.
Ho deciso che proverò a tornare lentamente a dedicarmi un po’ a me stesso, alle mie cortecce e alle mie radici. Appena arriverà un po’ di caldo, prenderò la bicicletta e via che girerò lungo i fiumi e le colline, solo per dire: "sono felice di essere stanco".
Ho bisogno di ritrovare la gioia nei confronti anche delle piccole cose. Quelle cose che ormai non si apprezzano più ma che alla fine sono alla base della mia vita. Senza emozioni non vado da nessuna parte. Senza emozioni non sono in grado di accogliere nessuno.


Emozioni di Lucio Battisti

Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi 
ritrovarsi a volare 
e sdraiarsi felice sopra l’erba ad ascoltare 
un sottile dispiacere 
E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire 
dove il sole va a dormire 
Domandarsi perchè quando cade la tristezza 
in fondo al cuore 
come la neve non fa rumore 
e guidare come un pazzo a fari spenti nella notte 
per vedere 
se poi è tanto difficile morire 
E stringere le mani per fermare 
qualcosa che 
e’ dentro me 
ma nella mente tua non c’è
Capire tu non puoi 
tu chiamale se vuoi 
emozioni 
tu chiamale se vuoi 
emozioni 
Uscir dalla brughiera di mattina 
dove non si vede ad un passo 
per ritrovar se stesso 
Parlar del più e del meno con un pescatore 
per ore ed ore 
per non sentir che dentro qualcosa muore 
E ricoprir di terra una piantina verde 
sperando possa 
nascere un giorno una rosa rossa 
E prendere a pugni un uomo solo 
perchè è stato un po’ scortese 
sapendo che quel che brucia non son le offese 
e chiudere gli occhi per fermare 
qualcosa che 
è dentro me 
ma nella mente tua non c’è 
Capire tu non puoi 
tu chiamale se vuoi 
emozioni 
tu chiamale se vuoi 
emozioni

domenica 3 febbraio 2013

"La macchina del tempo"

Ieri durante uno scambio di mail, una persona scrisse che Dio quando ci ha creati, ci ha donato solo due occhi per guardare avanti. Se avesse voluto che ci guardassimo indietro ce ne avrebbe donati altri due.
Mi sono così ricordato di una storiella che avevo scritto tempo fa.
Ad oggi come forse ho già scritto altre volte, ciò  che conta è il presente.
Il passato non può rendemii schiavo di qualcosa che è successo.
Il passato mi ha fatto diventare quello che sono. Più o meno conscio dei miei limiti, dei miei difetti, dei miei pregi. Il futuro non si costruisce dal passato, ma solo dal presente. 
Oggi non ha senso chiedersi come sarebbe andata se avessi preso un'altra strada.
Certo, vedo persone che sono partite per questo cammino con noi o prima di noi o dopo di noi che finalmente stanno gioendo o magari anche soffrendo, ma vedo anche altre persone che alla fine hanno deciso di mollare. Il loro sogno, tale rimarrà perchè purtroppo vivono nell'incubo del: "mi potrebbe ricapitare e non avrei più la forza di sopportarlo".
Io non me la sento di mollare. Forse un domani dovrò andare in analisi? E chi se ne frega. Mio figlio, quel figlio che qualcuno volutamente sta cercando di togliermi ne ha passate, ne sta passando e ne passerà di peggio, perchè qualcuno ha deciso magari di divertirsi per poi abbandonarlo, qualcuno ha deciso di giocare con la sua vita per poi abbandonarlo nuovamente. Io purtroppo non sono niente se non un semplice essere umano che vuole semplicemente realizzare il suo sogno.
Quel che sarà lo vivrò domani. Oggi vivo con la consapevolezza che quel che è stato mi renderà ancora più forte e mi aiuterà ad abbracciare e ad accogliere quel figlio che prima o poi arriverà.


"LA MACCHINA DEL TEMPO

C’era una volta, un giovane uomo che viveva in una grande città. Non usciva mai di casa e dalla finestra della sua stanza, vedeva sempre tanta gente: piccoli con le loro mamme, ragazzi, adulti e anziani, che correvano, giocavano, passeggiavano e vivevano la vita di tutti i giorni.
Aveva sempre pensato di essersi perso i momenti più belli del sua infanzia. Non ricordava nulla di quando era bambino, e della sua adolescenza aveva solo un vago ricordo non sempre felice. Un giorno mentre era affacciato alla finestra decise di costruire una macchina del tempo; una macchina del tempo particolare però, che gli permettesse di tornre solo nel passato e mai andare nel futuro. Così facendo sarebbe potuto tornare bambino o adolescente quando voleva e avrebbe potuto rivivere sempre ogni momento del suo passato e cambiarlo a suo piacere, in modo da ricordarlo sempre allegramente.
Dopo anni e anni di lavoro continuo, finalmente la macchina era pronta. Iniziarono così i suoi lunghi viaggi nel passato. Lui ritornava bambino o adolescente e tutte le volte cambiava ciò che non gli andava bene. Ogni volta che ritornava al presente si sentiva bene, felice e soddisfatto.
Un giorno, prima del suo solito viaggio, un forte mal di pancia lo bloccò. Era una persona molto golosa e quella mattina, appena svegliato, aveva mangiato moltissimi dolci. Dovette così lasciare perdere il suo tuffo nel passato. Mentre camminava per la casa, passò davanti ad uno specchio, ci guardò dentro e vide una persona che non aveva mai visto: un vecchio con le rughe, la barba bianca e i capelli bianchi.
Si chiese chi fosse questa persona ma alla fine capì: era lui.
Troppo preso dalla costruzione della macchina per tornare nel suo passato, non si era accorto che gli anni nel presente erano trascorsi e lui era diventato vecchio.
Iniziò a piangere e si diede dello stupido, perchè si rese conto che per rivivere felice il suo passato, aveva perso il suo presente e mai l’avrebbe potuto cambiare, perchè ormai era troppo vecchio, la macchina del tempo lo riportava solo a quando era piccolo e non aveva più tempo per costruire un’altra macchina che gli permettesse di fare altri viaggi.
Decise così di godersi gli ultimi anni della sua vita come meglio avrebbe potuto. Iniziò ad uscire di casa e ogni volta che incontrava qualcuno, gli diceva di vivere sereno tutti gli attimi della propia vita, perchè il passato e il futuro difficilmente possono tornare."

venerdì 1 febbraio 2013

Perchè state in ansia e piangete?


E così anche questa mattina un nuovo messaggio sul calendario mi ha fatto riflettere: “perché state in ansia e piangete?”
Sulla spiegazione del verso c’era scritto: questa domanda può essere banale come quella di Gesù che chiede ai discepoli sulla barca: “di cosa avete timore?”. 
La barca... Tempo fa ho scritto una storiella intitolata “la barca”; oggi siamo qui in balia di un mare in tempesta e ogni onda che ci troviamo ad affrontare è più alta rispetto a quella precedente, ma prima o poi ne usciremo e ritroveremo il mare calmo. Ci dobbiamo riuscire. Per i nostri figli. Chiunque loro saranno.
Sempre stamattina sul calendario che ho realizzato con le foto del nostro viaggio nel paese, ecco che sfogliando la pagina sul mese di febbraio, compare il cielo blu sopra le nuvole bianche e l’ala dell’aereo su cui eravamo durante il viaggio di ritorno. Sotto di noi la perturbazione. Sopra il blu. Un blu che solo su qualche foto manipolata con photoshop ho visto più blu...
Sul mese di gennaio c’era la foto di un torrente, bianco per via della schiuma che le piccole onde creavano per la velocità dell’acqua.
Sarà fede, sarà speranza, sarà un caso o non sarà niente, ma alla fine come sempre dico tutto torna, i cerchi si chiudono e il senso della vita, della mia vita è semplicemente qui davanti ai miei occhi.
Credere o non credere a qualcosa conta poco. L’importante è che alla fine si riesca a dare un senso a tutte le cose.
Vivo consapevole che la tristezza e il dolore vanno vissuti come la gioia, perchè non c’è amore senza dolore, non c’è figlio senza amore...

la barca

C’era una volta una piccola barca a vela che stava in ammollo tra le calme e silenziose acque del porto. Era molto semplice, molto colarata e carina alla vista. Aveva il suo bell’albero a cui era legata la vela e il suo timone che da quanto sembrava fragile, risultava impossibile potesse affrontare le insidie del mare.
Questa piccola barchetta aveva due particolarità che nemmeno lei conosceva: era stata costruita con il legno dell’albero della balsa e per la vela, era stato utilizzato, del tessuto di ginestra...
Un giorno mentre le onde la cullavano in quella che ormai era diventata la sua dimora fissa, le venne un desiderio: scoprire il mondo; poter cavalcare le onde, poter affrontare quell’oceano al di la dell’orizzonte...
Così si mise a parlare con le sue amiche barche che le facevano compagnia durante la notte nel porto.
Chiese cosa potesse fare per affrontare quel lungo viaggio e soprattutto capire da loro se magari ce l’avrebbe potuta fare.
Tutte iniziarono a quel punto a prenderla in giro. Alcune cercavano di distoglierla da quel folle gesto e altre senza troppi scrupoli le dicevano che visto la sua fragilità mai e poi mai sarebbe riuscita ad andare oltre gli scogli che stavano al di la del molo e che alla prima onda sarebbe rimasta completamente in balia del mare.
La piccola barca rimase dispiaciuta e decise che non sarebbe partita per il suo viaggio. Avrebbe continuato a guardare il mondo da quel porto mentre le sue amiche molto più grandi di lei navigavano in tranquillità tra le onde.
Una notte accadde qualcosa che nessuno si poteva immaginare... La corda che la teneva legata al molo, si ruppe. Ormai consumata dal tempo e dal sale era diventata troppo fragile e non riuscì a tenere più legata a se la piccola barca. Così quando arrivò il mattino la giovane barca si ritrovò in mezzo al mare... Nonostante lo spavento iniziale si accorse che tutto intorno a lei era azzurro e decise così di provare ad andare avanti senza fermarsi e continuare ad esplorare quel mondo fino ad allora sconosciuto.
Durante il suo tragitto incontrò le altre barche o navi che vedendola muoversi nel mare la deridevano o la schifavano e continuavano a dirle di tornarsene a casa perchè mai e poi mai avrebbe potuto affrontare le insidie del mare.
Lei non ne voleva sapere e così andò avanti... Aveva trovato la sua libertà.
Ma ecco che quando tutto sembrava filare liscio arrivarono le prime tempeste e le prime mareggiate.
La piccola barca si spaventò parecchio, improvvisamente si rese conto che non sapeva come affrontare tale difficoltà, ma indietro non poteva tornare perchè la corrente era troppo forte e le onde le impedivano ogni movimento... Così decise che avrebbe fatto di tutto per uscire sana e salva da quel mare in burrasca. Le onde la sommergevano ma lei trovava sempre la forza di uscirne. La ribaltavano ma lei riusciva sempre a rigirarsi. Il suo albero era resistente ad ogni insidia e la sua vela seppur apparentemente molto fragile era più elastica delle vele delle altre barche. Il suo scafo sembrava indistruttibile e l’acqua non riusciva a scalfirlo. Così più passava il tempo più prese coraggio e più prese coraggio e più si rese conto che niente e nessuno l’avrebbe mai potuta affondare.
Così uscì da quella tormenta e si ritrovò in un nuovo mare dove il cielo era perfino rosso per via dell’alba che stava vedendo. Alle sue spalle solo brutti ricordi e tanto nero; altre barche che come lei e più grandi di lei non erano riuscite a venire fuori dalla tempesta stavano li ormai in balia del mare mentre lei piccola ma non più fragile navigava verso il suo futuro.

giovedì 31 gennaio 2013

"La strada che non andava da nessuna parte"


di Gianni Rodari

"All'uscita del paese si dividevano tre strade: una andava verso il mare, la seconda verso la città e la terza non andava in nessun posto. Martino lo sapeva perché lo aveva chiesto un po' a tutti e da tutti aveva ricevuto la stessa risposta: "Quella strada lì? Non va in nessun posto. E' inutile camminarci".
"E fin dove arriva?". "Non arriva da nessuna parte"."Ma allora perché l'hanno fatta?". "Non l'ha fatta nessuno, è sempre stata lì"."Ma nessuno è mai andato a vedere?". "Sei una bella testa dura: se ti diciamo che nonc'è niente da vedere..."."Non potete saperlo se non ci siete mai stati".Era così ostinato che cominciarono a chiamarlo Martino-Testadura, ma lui non se la prendeva e continuava a pensare alla strada che non andava in nessun posto. Quando fu abbastanza grande, una mattina si alzò per tempo, uscì dal paese e senza esitare imboccò la strada misteriosa e andò sempre avanti. Il fondo era pieno di buche e di erbacce e ben presto cominciarono i boschi.Cammina cammina la strada non finiva mai, a Martino dolevano i piedi e già cominciava a pensare che avrebbe fatto bene a tornarsene indietro quando vide un cane. Il cane gli corse incontro scodinzolando e gli leccò le mani, poi si avviò lungo la strada e ad ogni passo si voltava per controllare se Martino lo seguiva ancora. Finalmente il bosco cominciò a diradarsi e la strada terminò sulla soglia di un grande cancello di ferro. Attraverso le sbarre Martino vide un castello e a un balcone una bellissima signora che salutava con la mano.Spinse il cancello, attraversò il parco e sulla porta trovò la bellissima signora. Era bella, vestita come una principessa e in più era allegra e rideva: "Allora non ci hai creduto"."A che cosa?". "Alla storia della strada che non andava da nessuna parte"."Era troppo stupida e secondo me ci sono più posti che strade". "Certo, basta aver voglia di muoversi. Ora vieni ti farò vedere il castello".C'erano più di cento saloni zeppi di tesori. C'erano diamanti, pietre preziose, oro, argento e ad ogni momento la bella signora diceva: "Prendi, prendi quello che vuoi... Ti presterò un carretto per portare il peso".Martino non si fece pregare e ripartì col carretto pieno.In paese, dove l'avevano già dato per morto, Martino fu accolto con grande sorpresa.Scaricato il tesoro il carro ripartì. Martino fece tanti regali a tutti e dovette raccontare cento volte la sua storia. Ogni volta che finiva, qualcuno correva a casa a prendere cavallo e carretto e si precipitava giù per la strada che non andava da nessuna parte.Ma quella sera stessa tornarono uno dopo l'altro, con la faccia lunga per il dispetto: la strada per loro finiva in mezzo al bosco in un mare di spine. Non c'era né cancello, né castello, né bella signora. Perché certi tesori esistono soltanto per chi batte per primo una strada nuova."

Qualcuno mi ha suggerito un finale diverso: "certi tesori esistono soltanto per chi ci crede", e direi che è direttamente collegato al finale di questo racconto. Abbiamo intrapreso per "primi" una strada nuova e comunque finirà, presto il nostro tesoro lo avremo tra le braccia, intanto continuo a crederci perchè finchè ho la forza per farlo, di impossibile non c'è nulla.

mercoledì 30 gennaio 2013

Perchè avete paura?

Stamattina, sfogliando il mio solito calendario, ecco cosa è apparso al giorno 30 gennaio: "perchè avete paura?"
Ci ho pensato fino ad ora e non so nemmeno io che risposta darmi.
Da domenica sera sono particolarmente tranquillo, cerco in tutti i modi di capire perchè questo sia il mio stato d'animo e l'unica risposta che mi sento di dare è perchè, purtroppo o per fortuna, ho già vissuto una situazione analoga l'anno scorso e forse inconsciamente o consciamente sono pronto per affrontarla nuovamente. Certo, molti particolari sono cambiati da allora e il più importante è che "ieri" vivevo in funzione di una foto mentre "oggi" di un bimbo in carne ed ossa.
Forse, ed è questo il paradosso, al momento avrei paura se mi dicessero che le cose si sono sistemate e a breve si potrebbe partire.
Al momento potrei aver paura del cardiologo, del dermatologo o degli esami del sangue perchè nonostante tutto, possono sempre "regalare" sorprese, ma per quello che sto vivendo? Dovessi rifare i documenti, ci sarei già passato lo scorso anno con il cambio ente quando per sicurezza avevamo già iniziato a rifarli. Ma in questo caso la cosa fastidiosa sarebbe puramente la burocrazia di un paese che si continua a beare di essere all'avanguardia, ma quando si parla di adozione è ancora indietro.
Dover "abbandonare" un bimbo e riordinare le idee e lo "zainetto" per un altro bambino? Anche questo l'ho già vissuto seppur in maniera diversa, ma il concetto è più o meno simile.
L'attesa? Nemmeno più di tanto. In fin dei conti a ottobre di quest'anno saranno 5 anni che abbiamo iniziato il nostro percorso adottivo, senza considerare gli anni precedenti, quindi dover aspettare i mesi necessari su un paese "certo", o meglio, "tranquillo" potrebbe permetterci di vivere più serenamente questa possibilità.
Non lo so, forse la mia è più consapevolezza dei miei limiti o spavalderia nei confronti della vita che come sempre capita, prima o poi verrà a chiedermi il conto e mi metterà nuovamente in una situazione che mi farà paura e se devo essere sincero, se il ragionamento che ho appena scritto fosse vero, bene, allora spero di aver paura presto e di sentirmi dire che si stanno sistemando finalmente le cose.
In tutto questo poi penso a N. e allora l'unica cosa che mi domando è: "perchè dovrebbe succedere ancora?"
A questo punto potrebbero partire milioni di ipotesi, ma anche in questo caso, l'unica cosa che mi sento di dirmi e ripetermi è: "perchè dovrebbe succedere ancora?".
Avanti quindi, consapevole che quel che succederà in un modo o nell'altro lo affronterò più o meno con il sorriso, ma di certo con lo stato d'animo giusto.

domenica 27 gennaio 2013

E adesso?

E adesso aspettiamo ancora un mese.
Pensavo che fosse finalmente arrivata la chiusura del cerchio e in un certo senso così è stato, anche se bisogna aspettare un attimo per considerarlo "chiuso" a tutti gli effetti.
Quando mi hanno detto che le procure degli avvocati non sono ancora state utilizzate, sono tornato a respirare dopo circa un'ora in apnea. La fiammella della speranza ha preso una bella boccata di ossigeno ed è tornata a bruciare.
Non so cosa succederà domani ma di certo la parola impossibile è ancora lontano dalla fine di questo mio percorso travagliato.
L'impossibile è solo per chi smette di credere a qualcosa e io non ho ancora smesso di farlo.
Pensavo di trascorrere una settimana come quella dell'anno scorso, piatta e quotidiana, senza stress emotivo e senza novità di rilievo, e invece è stata una settimana da panico: mi sono ritrovato contro anche chi dovrebbe proteggere i miei interessi (e non parlo dell'ente), ho discusso con persone con le quali fino a pochi giorni fa c'era la stessa unità di pensiero. Stress emotivo si è accumulato allo stress fisico e alla fine il venerdì sera sono crollato nella disperazione più totale.
Nonostante tutto, sabato mattina mi sono svegliato con una tranquillità d'animo fuori dal normale e a quel punto mi sono detto che se la settimana è stata così travagliata, di certo il giorno di questo incontro sarebbe stato diverso da quello dello scorso anno. E così è stato. E' chiaro, nessuno sa come si concluderà questa pagina di vita, ma come scritto poche righe fa, la fiammella della speranza brucia ancora.
Ieri ho incontrato parecchie persone che avevo conosciuto per mail i giorni scorsi, ognuna con la propria storia, le proprie paure, ansie dubbi e timori. Alcuni che forse hanno avuto un ulteriore conferma che sarà davvero complicato ma che ci vogliono credere ancora e non vogliono mollare finchè la parola fine non verrà scritta nero su bianco; altri che magari sono usciti dall'incontro più ridimensionati e altri ancora che hanno avuto la conferma che sia davvero arrivato il momento di cambiare "aria".
E in questa valanga di emozioni eccomi li, come sempre abbastanza imperturbabile a tutto, con l'unico chiodo fisso: portare a casa mio figlio.
Chi sarà, ancora oggi non posso dirlo. Ma è per mio figlio che devo combattere. Avrò un mese per recuperare tutte le forze perchè quando arriverà la fine di febbraio allora si che dovrò essere pronto a tutto per un motivo o per l'altro.
Questi due anni mi hanno regalato parecchio: l'unione con mia moglie è diventata sempre di più la base di questo nostro cammino, ho capito che cosa vuol dire aver pazienza, ho imparato a essere padre di testa ancora prima che esserlo di corpo e ho imparato che se oggi posso dire "no sono stanco e non ho voglia al momento" domani questa stringa di testo non potrà venire pronunciata perchè mio figlio in qualsiasi momento, anche quando magari sarò a 3000 metri di altezza in bilico sullo strapiombo, mi farà una domanda che mi farà tremare le gambe, e allora li dovrò essere bravo a fermarmi, rispondergli, convincerlo e ripartire per aggirare l'ostacolo.
I bimbi sono così, talmente piccoli ma già grandi che non si accontentato dello zuccherino, ti stupiscono sempre. Ma questo è il loro punto di forza quello che mi fa capire che oggi non posso fare a meno di lui.
Sono pronto ad affrontare parecchie sfide e di certo tutto questo è un disegno che Qualcuno ha pensato bene di disegnare per me tempo fa.
Ieri una persona ha detto che più che un disegno divino sembra uno scarabocchio. Fantastico...
Anche Michelangelo è partito da uno scarabocchio per arrivare a fare la Cappella Sistina e anche noi da piccoli iniziamo a disegnare con degli scarabocchi. Lo scarabocchio non è il mio punto d'arrivo, ma il punto di partenza. Da questo scarabocchio arriverò a vedere un capolavoro.
E' come con i lego: da tot pezzi sparsi su un tavolo si arriva a costruire un qualcosa che sembrava impossibile realizzare. Magari i pezzi non li trovi subito perchè sono nascosti da altri pezzi, però alla fine si arriva a concludere l'opera e si rimane sempre sorpresi.
Avanti con la certezza che qualsiasi cosa succederà sarà la continuazione dello scarabocchio per arrivare alla mia opera d'arte finale.