martedì 17 maggio 2011

il mio diario dal 14/7/2010 al 16/7/2010

14/7/2010
Sono in ufficio, solita monotonia, manca circa un’ora alla pausa pranzo, il tempo non passa, ho voglia di vacanze, ma sono ancora lontane.
Alle 12,34 squilla il cellulare, guardo il numero, è troppo corto per essere il numero di un provato; in una frazione di secondo un flash: è il TRIBUNALE.
Esco dall’ufficio, rispondo con il cuore in gola: “Buongiorno, è il tribunale dei minori di Milano, volevamo fissare un incontro per il prossimo venerdì alle ore 13,00” - “si, penso di si, devo chiedere a mio marito per via del lavoro... Comunque si dai, va bene, ci vediamo venerdì. Mi scusi, ma posso sapere per cosa?” - “Per un colloquio conoscitivo.”
Balle, dalle varie esperienze che ci hanno raccontato, se ti chiamano è perchè dietro ci sta un possibile abbinamento.
Mi manca il fiato, sono troppo agitata, chiamo Marcy che si esalta subito, chiamo la mamma che non si scompone più di tanto, chiamo mia sorella che pensa subito a cosa comperare.

E’ un susseguirsi di pensieri, emozioni. Già mi vedevo con in braccio un bambino, già mi vedevo giocare con lui; ho subito pensato agli acquisti da fare, a come dirlo al lavoro. Mamma che ansia...
Il tempo non passava mai.

16/7/2010
Ore 12,15 
Esco dall’ufficio, scendo in metropolitana, mi incontro con Marcy e via, verso Cadorna.
Arriviamo in tribunale alle 12,45. Le guardie all’ingresso non ci fanno neanche passare sotto il metal-detector e ci dirigono verso il secondo piano.
Arriviamo in una sala d’attesa vuota, non sappiamo se sia il posto giusto, cerchiamo i nomi sulle porte delle varie stanze; solo da una escono delle voci: la n. 209
Ci sediamo e aspettiamo

Ore 13,15
Siamo ancora li in attesa, chiediamo ad un tipo se siamo nel posto giusto e vagamente ci risponde un incerto si.

Ore 13,25
Chiamo il centralino del tribunale per avere ulteriore conferma del posto e anche in questo caso risposte campate per aria.
Si sente profumo di toast... ma dove siamo finiti?
Nel frattempo vediamo uscire una coppia... Forse siamo nel posto giusto.

Ore 13,30 (passate)
Finalmente ci chiamano. Entriamo in una stanza, la famosa 209 e incontriamo l’assistente sociale; abbastanza giovane, carina apparentemente di origin straniera, forse russa e il giudice, una donna di mezza età con accento meridionale.
Mi chiedono di parlare della vita che conduco, dei miei hobbies. Chiedono a Marcy notizie sul suo percorso interiore. Ci chiedono se abbiamo presentato anhe la domanda per adozione internazionale e a che punto siamo (questa cosa l’hanno sottolineata più volte nel corso del colloquio).
Ci hanno chiesto se eravamo consapevoli dell’esistenza del rischio giuridico (e come non esserlo con tutti i corsi che abbiamo fatto). Hanno rimarcato il fatto che eravamo disponibili per un bimbo di colore e che invece non eravamo disponibili ad accogliere bimbi con handicap seppur lievi e reversibili.
Dopo circa mezz’ora di colloquio e dopo qualche appunto preso da entrambe, ecco la conclusione: “Bene, può bastare, lasceremo traccia di questo colloquio nel vostro fascicolo; potreste essere richiamati da noi o da un’altra equipe”.
Ma che cavolo vorrà mai dire? Siamo usciti che eravamo vuoti, apatici; quell’incontro non ci aveva lasciato assolutamente niente.
Avremo fatto buona impressione? Avremo detto qualcosa che non dovevamo dire?”
BOH!!!

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