Ieri sono tornato a seguire un corso pre adozione tenuto da Le Radici e Le Ali.
Da quando facciamo parte dello staff esterno, questo è il secondo corso che seguo.
Ricordo ancora le sensazioni che avevo provato la prima volta. Rivivere quanto avevo vissuto in qualche maniera durante il periodo in cui eravamo noi seduti al posto delle coppie che ancora stavano iniziando il percorso dell'adozione o magari erano già più avanti o semplicemente erano presenti per capire qualcosa in più sul mondo dell'adozione, mi aveva provocato dei sensi di disagio. Forse perchè non ero pronto allora a rivivere certe cose dette dalla psicologa o forse perchè l'emozione di ritrovarmi nuovamente ad affrontare, seppur indirettamente, quello che avevo vissuto nei mesi precedenti e il ricordo di quanto avevo vissuto era ancora troppo vivo, mi avevano fatto provare paura.
Paura di cosa? Paura di non essere ancora pronto ad intraprendere questo percorso.
Ieri è stato diverso, non perchè la paura fosse sparita, anzi quella ci sarà sempre e ho imparato a conviverci e penso sia meglio così. Vivere con la consapevolezza di aver paura mi rende pronto ad affrontare ogni situazione.
Stanotte la mia testa ha elaborato molto. Ha macinato quanto ascoltato dalle coppie e dalla psicologa e stamattina mi sono svegliato ancora di più con la convinzione che questo percorso ti fa vivere alla pari questa genitorialità.
Non c'è ombra di dubbio che una gravidanza biologica venga vissuta dalla mamma in maniera del tutto diversa che dal papà. L'emozione che prova una mamma a sentir calciare nella pancia il proprio figlio, un futuro padre non la potrà mai provare. Può passare le ore con la mano o la testa sulla pancia, ma quella sensazione che prova una madre la prima volta non la potrà mai capire. Vive di riflesso l'entusiasmo della moglie o della compagna.
Le nausee non sa neanche cosa siano, i dolori del travaglio, il dolore del parto non può nemmeno immaginare cosa siano. Vive tutto di riflesso. Sta male magari a vedere la persona che ama soffrire ma è un male psicologico e non fisico. Lei, la futura madre, prova entrambi i dolori.
Poi il figlio nasce e per lui tutto è finito solo perchè è nato e subito vuole riprendere la vita normale. Lei invece è stanca. Felice ma stanca. Ha bisogno di essere capita, amata; ha bisogno di tempo per riuscire a gestire tutte le emozioni che ha provato in nove mesi. Ma il più delle volte non viene capita. Viene "abbandonata a se stessa" perchè tanto ormai il figlio è nato e allora è normale che tutto sia come prima.
E' facile dire a una coppia che affronta il cammino dell'adozione: "tu non puoi capire cosa voglia dire essere mamma perchè il figlio non l'hai cresciuto dentro te".
E' vero, una mamma adottiva non l'ha cresciuto dentro di lei suo figlio, ma come spesso dico, avere un figlio, non vuol dire farlo crescere dentro se, avere un figlio vuol dire donargli la vita e sapere soffrire per lui e una mamma adottiva lo sa fare molto bene; in più ha avuto la fortuna di vivere con una persona che capisce benissimo ogni singolo istante quello che prova e ha passato. Hanno vissuto ogni singolo giorno, ora, minuto, secondo le stesse identiche emozioni.
Non è un discorso fatto per dire che i genitori adottivi siano più o meno bravi dei genitori biologici, non è una gara dove si stabilisce chi sia più o meno bravo o un modo come un altro per dire che chi ha adottato sarà un genitore perfetto (capita purtroppo di sentire di adozioni andate male e in questi casi la colpa, come nel caso di figli biologici, è solo esclusivamente dei genitori, non dei figli); nessuno è più bravo di altri; i genitori adottivi sono semplicemente più consapevoli che per crescere un figlio non basta solo l'amore, ma ci deve essere da entrambi la capacità di accettare, e soprattutto la voglia o la necessità, di soffrire per amore.
Quando abbiamo iniziato questo percorso lo vedevo com una passeggiata: "cosa vuoi che sia, siamo perfetti, perchè mai non dovrebbero darci un figlio?".
Dover ripartire daccapo dopo che ci avevano bloccati lo ritenevo una perdita di tempo non una sconfitta, a prescindere dalle motivazioni date.
In quei mesi successivi, durante i secondi colloqui, è successo di tutto. Provavo una rabbia verso il mondo, così improvvisamente. Rabbia che si doveva sfogare su qualcuno e quel qualcuno "purtroppo" è stata Silvia. Purtroppo rigorosamente tra "", perchè grazie a quella rabbia ho capito cosa volesse dire soffrire per amore. E chi me l'ha fatto capire è stata proprio lei. Lei che si prendeva le colpe di tutto quanto di male succedeva nella nostra vita. Si prendeva pure le colpe di quando la squadra di calcio per cui tifo, perdeva. Un'altra persona mi avrebbe buttato fuori di casa, lei invece mi ha semplicemente teso la mano e ha accettato tutto soffrendo in silenzio, a volte, e urlando per farmi reagire in altre occasioni.
Grazie a lei sono ripartito e grazie a lei ho iniziato a VEDERE i bambini.
Non ho mai visto o osservato un bambino in carrozzina, non ho mai provato invidia per un uomo che cammina a fianco di una donna con la pancia perchè ritengo questo un fatto del tutto naturale, come ritengo naturale vedere un bambino adottato con i propri genitori, ma quello che mi è successo da allora è stato vedere solo ed esclusivamente i bambini adottivi ed emozionarmi nel vederli insieme ai genitori.
Ho ancora tanta paura che qualcosa non sia del tutto pronto in me. Ho ancora paura di non essere domani un buon genitore, ma ho a fianco una persona che mi aiuterà in questo ruolo e posso dire con abbastanza certezza che io saprò aiutare lei se ne avrà bisogno.
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