giovedì 29 settembre 2011

la camminata

Una mattina di cinque primavere fa, decidemmo di fare una passeggiata. A dire il vero dovetti insistere non poco per convincere Silvia che era una cosa fattibile e che anche lei sarebbe riuscita a fare; così una volta indossati scarpe adatte e esserci coperti nella maniera che ritenevamo più opportuna iniziò la camminata verso la cima del Monte Piana.
Appena lasciata la macchina al parcheggio del lago di Misurina ci accorgemmo che qualcosa non quadrava. Era metà giugno eppure la cima del monte sembrava innevata. Ma proseguimmo. Avevamo entrambi un paio di jeans una pile e una giacca imbottita che ci riscaldavano. La salita non sembrava poi così difficile. 
Dopo i primi metri però, trovammo la neve. Certo non a metri, ma qualche centimetro c'era ancora. Decidemmo comunque di proseguire. Intanto il cielo da limpido e sereno iniziava a velarsi. L'aria era frizzante, ma mai immaginavamo che in un attimo il tempo sarebbe potuto cambiare.
Eravamo soli su quella strada, sentivamo gli uccellini (seppur pochi) farfugliare qualcosa, il vento che si stava facendo un po' più insistente, in base al tornante che si prendeva, sembrava volesse dirci qualcosa.
Dopo circa un'ora Silvia iniziò a chiedermi se mancasse ancora tanto... Mi ricordo ancora oggi come se fosse ieri che le risposi: "no tranquilla, ancora due-tre tornanti. Vedi quei parapetti e quella strada di cemento che sembra sospesa? Ecco dopo quel tratto siamo arrivati". Così continuammo la nostra avventura. 
Passato quel punto che le avevo indicato, lo sconforto la prese. Voleva tornare indietro, era stanca, erano passate in totale due ore e nonostante camminassimo a ritmo blando lei era davvero stanca. Faceva freschino eppure era un po' sudata. Riuscii a convincerla a ripartire anche perchè giunti a quel punto era stupido tornare indietro. 
Si è vero, nonostante avessi fatto quella camminata parecchie volte nel corso degli anni, ero impreparato anche io a tutta quella strada; non ricordavo più esattamente il tragitto. 
Diciamo che ormai quelle rare volte, la facevo quasi ad occhi chiusi. Una volta ricordo che ci impiegai solo 1 ora e trenta a farle la salita, per cui ero davvero convinto che non doveva essere poi tanto lontana la meta.
Finalmente in lontananza un cartello su un albero. "Ecco" le dissi, "vedi quel cartello? Indica che mancano 200 metri all'arrivo, me lo ricordo benissimo". Mi viene da ridere al solo pensiero che mi prese una volta arrivati davanti al cartello. O avevano spostato il rifugio o avevano spostato la pianta su cui avevano messo il cartello; citava infatti 2000 metri al rifugio.
In quel momento ricordo solo una vampata di calore arrivarmi sul collo. Era Silvia che sembrava volesse azzannarmi. Ci sedemmo, riposammo e alla fine non so come riuscii ancora a convincerla a ripartire. Bene furono i 2 km più lunghi della mia vita. Quasi un'ora per farli.
Finalmente arrivammo al rifugio. Era chiuso, ma un cane bianco appena ci vide ci corse incontro festoso. Silvia ebbe uno scatto da centometrista; nonostante fosse stremata trovò le forze per scappare via mentre io come un bambino giocavo con il cagnone.
Non ci eravamo accorti che il cielo era diventato copletamente grigio. Le nuvole erano basse (o forse noi eravamo in alto), erano da una parte grigie e da una parte nere. Intorno era tutto bianco. Rabbrividii, ma non per il freddo, ma al pensiero che sotto la neve c'erano le trincee che al momento non si vedevano come si vedevano in estate. Si vedevano in zone un po' più pulite le travi di legno marcio spuntare. C'era un silenzio irreale e in quel silenzio non potemmo fare altro che contemplare quanto di bello avevamo attorno senza però dimenticare quanto delle povere anime prima di noi 60 anni e rotti fa avevano vissuto proprio in quel posto...
La neve iniziò a scendere e fummo obbligati a ripartire. La discesa ci sembrò a quel punto più semplice, invece era sol un'impressione. Si scivolava un pochino per via del ghiaccio che in alcuni punti si era creato e da causa di un po' di ghiaietta sull'asfalto che non aiutava. La temperatura nonostante fossimo a mezzogiorno era scesa di colpo e le nuvole nonostante noi ci abbassassimo di quota sembravano sempre più basse.
Ci fermammo solo una volta in una grotta. C'era una specie di altare in pietra con delle candele e dei fiori. Ripartimmo dopo qualche istante e finalmente arrivammo alla macchina.
Una volta arrivati al parcheggio, guardandoci indietro, vedemmo che la cima era completamente scomparsa...


Una mattina di tre autunni fa iniziò il nostro percorso di adozione...
Più passa il tempo, più mi rendo conto che è proprio paragonabile a una passeggiata in montagna.
Non si deve partire impreparati, bisogna essere pronti a tutto e considerare che anche se è pronti a qualsiasi evenienza, qualche intemperia può trovarti impreparato. Le cose cambiano improvvisamente e non sempre sei in grado di fare fronte a qualcosa.
La camminata è lunga e a volte lo sconforto ti prende. Vorresti fermarti, ritornare indietro, ma poi ti rendi conto che in cima qualcosa che non ti aspetti, ti attende.
Trovi intoppi sulla strada, provi magari qualche scorciatoia che ti obbliga a tornare indietro. Trovi dei crepacci o dei fiumi che ti bloccano, ma se fai attenzione ti rendi conto, che a fianco alla strada maestra che è bloccata, c'è sempre un'altra strada che ti permette di oltrepassare l'ostacolo...
Trovi dei cartelli che ti sembrano vogliano dire: "dai ormai ce l'avete fatta, ormai manca davvero poco"; in realtà, poi, ti rendi conto che il cartello nascondeva un altro significato.
A quel punto ti incazzi, vorresti spaccare tutto, ma riprendi per mano tua moglie o tuo marito e riparti, magari più lentamente, per far sbollentare la rabbia e per ritrovare le forze. 
E poi arrivi in cima. Trovi qualcosa che non ti aspettavi proprio di vedere. Ti "emozioni", "piangi", "ridi", "urli" e ti vengono i brividi perchè, nonostante tutto, non sei mai pronto a vedere ciò che una vetta può mostrarti.
E a quel punto riparti per tornare a casa. A quel punto la discesa sembra una bazzecola rispetto alla salita. E invece no. La discesa è più difficile ancora: il piede che scivola perchè la prendi con leggerezza, e in un attimo ti fai male. Male davvero.
In questo percorso, come in montagna non si è mai arrivati fino a quando non ritorni al punto di partenza con tutte le ossa a posto. 
Solo quando riguardandoti indietro ti dirai: "domani rifarò tutto" potrai dire che finalmente sei a casa.

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